Le banche dati
Le banche dati
Le principali banche dati per la ricerca accademica nel settore dell'ingegneria
2. Google Scholar
Il motore di ricerca per le risorse accademiche sul web
Ricerca:
La maschera di ricerca ripete quella del motore di ricerca più usato al mondo:
- ricerca di una frase esatta o termini contigui inserendo le parole tra virgolette: es. "wind turbine"
- ricerca di sinonimi o parole chiave simili separando i termini con OR: es. 3D OR three-dimensional
- esclusione di un termine nella ricerca anteponendo il meno (-): es. batteries -recheargeable, -"solar energy" -photovoltaic
Risultati:
Come per le banche dati i risultati sono al centro e i filtri a sinistra (data, lingua ecc.). A destra compare l'eventuale link al full text della risorsa. In basso dati citazionali, analisi bibliometriche, link a biblioteche e altri servizi di fornitura del testo cercato qualora non in internet (ACNP, ossia il Catalogo nazionale dei periodici etc..). Se ci si è autenticati nella sessione di navigazione, compare il bottone trova@unifi che collega alla stessa risorsa su OneSearch o al servizio di ILL e DD.
- Estrae dalle basi dati di Google i documenti giudicati di interesse accademico attraverso un algoritmo proprietario segreto.
- Altra fonte di dati sono i partner commerciali: editori e aggregatori di riviste accademiche.
Indicizza il testo completo dei documenti (ove disponibile).
Non assegna parole chiave da vocabolari controllati (thesauri), come ad esempio Inspec.
Non indicizza il nome degli enti finanziatori (come WOS) o di appartenenza degli autori (come Scopus e WOS).
- E' possibile creare un proprio profilo (Google Scholar Citation Profile) in quanto autore (attraverso il proprio account Google), come WOS e Scopus.
- Differentemente dalle banche dati con thesauri (come i soggetti di Inspec usati da IEEE Xplore) Scholar
non prevede il lavoro di indicizzatori umani (a parte gli autori che vi creano
un profilo) e si basa su sistemi automatici di raccolta dei dati.
Attenzione! I produttori di informazione scientifica hanno interesse ad essere visibili in Google e Google Scholar. Anche WOS si è accordato con Scholar per link reciproci fra le rispettive banche dati.
I risultati di una ricerca in Google Scholar visualizzano infatti un link a WOS con il numero delle citazioni che il contributo ha ricevuto:
Il numero di citazioni riportato da WOS è non di rado inferiore a quello riportato da Google Scholar, perché sono diversi il numero di documenti indicizzati dalle due banche dati: WOS indicizza un numero definito di pubblicazioni peer-reviewed, Google Scholar prende invece in considerazione un numero più ampio di documenti eterogenei genericamante "accademici", che comprendono, per esempio, preprint, tesi, libri e pareri giuridici.
I risultati di una ricerca in WOS visualizzano un link a Google Scholar che permette di rilanciare la ricerca su Scholar con eventuale legame a full text del documento:
- Gratuità: accede alle risorse liberamente accessibili sul web (anche se spesso la disponibilità del full text è garantita dal bottone trova@unifi che si attiva grazie al riconoscimento degli abbonamenti sottoscritti dall'Ateneo).
- Inclusione nelle fonti di materiale monografico e manualistico di tipo didattico.
Punti deboli di Google Scholar rispetto alla ricerca in OneSearch e nella interfaccia nativa delle banche dati:
- La segretezza dell’algoritmo e la mancanza di trasparenza negli accordi commerciali di Google Scholar con le sue fonti rendono difficile individuare l’organizzazione del ranking dei risultati, che potrebbe essere influenzata da fattori estranei alla pura pertinenza scientifica.
- I discovery tool e le banche dati accademiche attingono a fonti selezionate garantendo un ambiente di ricerca "protetto" e al sicuro da fake news e documentazione di scarsa qualità. Non si può dire con certezza lo stesso per le fonti, di qualità a volte carente, a cui attinge Google Scholar.
- Il ranking dei risultati di una ricerca lanciata su Google Scholar è personalizzato perché influenzato da fattori quali la navigazione sul web già effettuata, le ricerche pregresse, le scelte e le selezioni già fatte nonché la geolocalizzaione di chi fa la query (una prova ne è la diversità dei risultati di una stessa ricerca fatta da persone diverse in luoghi diversi).
- L'assenza di filtri comporta maggiore impiego di tempo e lavoro nell'analisi dei risultati della ricerca in Google Scholar, specialmente se si conoscono la quantità e la qualità degli strumenti di raffinamento dei risultati (e di disambiguazione degli autori omonimi) proposte dalle banche dati.